Onorevoli Colleghi! - La legge 27 marzo 1991, n. 257, ha stabilito la cessazione dell'impiego dell'amianto e di qualsiasi tipo di prodotto che lo contenga. Per qualche decennio rimarranno ancora gruppi ristretti di lavoratori impegnati nei lavori di bonifica delle aree interessate dall'inquinamento da amianto, in aggiunta a quei lavoratori che sono stati esposti in passato con continuità al rischio di contaminazione da amianto, in seguito a un rapporto di lavoro continuativo a contatto con tale sostanza. In entrambi i casi, la legge tutela la salute di questi lavoratori con misure di prevenzione, protezione e sorveglianza sanitaria che sono a carico dei datori di lavoro.
      Per quei lavoratori che sono stati esposti a rischio di contaminazione da amianto, i quali abbiano interrotto il rapporto di lavoro con le imprese nelle quali esisteva tale rischio, pur prevedendosi ai sensi del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, e del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, la continuazione della sorveglianza sanitaria, nessuna norma individua a carico di chi debba essere espletata tale attività. Di fatto, oggi i lavoratori che furono esposti all'amianto non hanno alcuna tutela sanitaria per il rischio specifico. La presente proposta di legge si propone pertanto di colmare questo vuoto legislativo.
      L'importanza di tale intervento legislativo deriva dalla assoluta necessità di contrastare il diffondersi delle patologie neoplastiche e non neoplastiche conseguenti all'esposizione all'amianto. In Italia c'è stato un raddoppio di casi di mesotelioma all'inizio degli anni novanta rispetto all'inizio degli anni ottanta e si prevede che questa «epidemia di tumori» continuerà per altri 10-15 anni in rapporto al massiccio uso di amianto che è stato fatto negli anni passati. Anche se a livello epidemiologico la sorveglianza sanitaria fallisce nel prevenire

 

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i tumori, a livello del singolo paziente la diagnosi precoce è sempre utile per un possibile miglioramento della sopravvivenza. Per quanto riguarda le patologie non neoplastiche, sia l'asbestosi parenchimale che pleurica sono evolutive anche dopo la cessazione del rischio e quindi risulta indispensabile seguire nel tempo questa evoluzione; esiste poi una associazione tra presenza delle patologia non neoplastica e sviluppo del tumore.
      In moltissimi casi, gli ex esposti ad amianto si trovano a vivere realtà lavorative con evasione degli obblighi di tutela, tra cui quello della sorveglianza sanitaria. Con la presente iniziativa legislativa sarà pertanto possibile:

          scoprire nuove patologie professionali con l'innesco delle conseguenti procedure di indennizzo da parte dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL);

          scoprire situazioni lavorative non note agli organi di prevenzione e vigilanza;

          individuare eventuali responsabilità.

      Con l'articolo 1 della presente proposta di legge vengono precisate alcune definizioni: in particolare, viene stabilito che con la definizione di «ex esposto ad amianto» si intende fare riferimento a quei soggetti che sono stati esposti al rischio di contaminazione per un periodo di tempo di almeno dieci anni. Tale scelta temporale deriva dal fatto che dalla letteratura risulta essere questo il tempo minimo medio di esposizione per la possibile insorgenza di patologie asbesto correlate; esiste però la possibilità che esposizioni intensissime per periodi più brevi di dieci anni diano ugualmente origine a malattie da amianto, o che esposizioni bassissime e saltuarie anche per periodi di dieci anni non siano significative. Per questo motivi, è previsto che i servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro (SPSAL) delle aziende sanitarie locali valutino le eccezioni caso per caso. Gli SPSAL sembrano i soggetti ideali a cui affidare questo compito in quanto hanno le necessarie competenze ambientali, di medicina del lavoro e ispettive.
      Si rileva, infine, che il numero dei soggetti ex esposti all'amianto appare di entità modesta al punto da non richiedere ulteriori costi aggiuntivi a carico del Servizio sanitario nazionale.

 

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